Google avrebbe aggirato la normativa sulla privacy utilizzando una “falla” del browser Safari che, vale la pena di ricordare, oltre ad essere utilizzato sui computer Mac, è anche il browser n°1 sui dispositivi mobile targati Apple.
È quanto affermano due giornalisti del Wall Street Journal che hanno tirato in ballo anche altre società che operano nel ricco settore dell’advertising online.
Ma che cosa sarebbe successo di preciso? La “Grande G” avrebbe trovato il modo di tenere traccia della navigazione dei device inserendo una stringa di codice che pemetteva di visualizzare la cronologia degli utenti.
Tale codice sarebbe comparso nelle pagine di 22 tra i 100 siti più visitati degli States e di qui i sospetti rinfocolati dopo che, Google, sempre secondo gli autori dell’inchiesta, avrebbe disabilitato il sopra citato codice dopo la richiesta di spiegazioni.
Avere traccia di gusti e cronologie fa gola anzitutto per poter proporre pubblicità mirate e poi per poter fare breccia nel mondo sempre più “dorato” dei social network.