Ma la giuria del tribunale di Tyler, cittadina del Texas, ha sentenziato che non è valido il brevetto rivendicato da Doyle.
Questi aveva chiesto un risarcimento dei danni, per l’utilizzo del suo brevetto, quantificato in oltre 600 milioni di dollari. Doyle aveva citato complessivamente una ventina di aziende (oltre alle 8 nominate), tra cui anche colossi dell’era 2.0 quali Apple, eBay, Playboy e Citigroup, che si sarebbero però accordate per evitare la causa. Decisiva sembre essere stata la testimonianza di Tim Berners Lee, recatosi a Tyler non ha tanto per la difesa degli interessi delle aziende coinvolte, quanto per schierarsi a difesa della libertà sul Web.
Berners, nel corso dell’udienza, ha dichiarato di aver usato per dare vita alla Rete come oggi a cnsciamo di “materiali”, tra i quali gli ipertesti, che esistevano già da tempo. A dargli manforte anche la testimonianza di Eric Bina, co-fondatore di Netscape, uno dei “papà” dell’indimenticato browser Navigator per anni unica alternativa allo strapotere di Internet Exlporer by Microsoft… A proposito: Doyle in passato, sempre per una storia di brevetti, aveva fatto causa anche al colosso di Redmond che poi aveva transato.